Pagine e visioni

Alterna due sguardi, volti a costruire biblioteche e cineteche per parlare di infanzia

Visioni a cura di Elisa Rossoni

Pagine di Francesca Romana Grasso e Marina Petruzio

 

VISIONI

Danza, gioco e trasformazione

Ilaria De Lorenzo e Laura Gabas

Attraverso la visione di alcuni film proveremo a esplorare il tema della danza con l’obiettivo di esplicitare il suo potenziale trasformativo e, quindi, come questa esperienza artistica, ludica ed educativa potrebbe essere significativa nei luoghi di crescita dei bambini.

Partiremo dal film documentario di Wim Wenders Pina (2011) nel quale vengono raccontati la poetica e il metodo compositivo del Teatrodanza e della sua fondatrice, la coreografa danzatrice Pina Baush. Guardare questo film ci fa immergere completamente nel linguaggio coreutico. Il regista, attraverso le parole e le immagini dei danzatori della compagnia di Pina, ci fa attraversare e comprendere le potenzialità del linguaggio della danza: la sua importanza per la crescita dell’uomo, la possibilità di dare vita, attraverso il corpo e l’immaginazione, a una visione altra del mondo, della realtà che ci circonda, di se stessi e degli altri, ciascuno con la propria peculiarità. A partire da semplici indicazioni e stimoli dati dalla coreografa il corpo cerca e crea movimento, i danzatori si fanno fuoco, aria, acqua, trasformano il loro corpo mente in simbolo consentendo allo spettatore di entrare in contatto con l’invisibile e l’indicibile (De Lorenzo, 2012). I corpi si muovono nel mondo, seguendo il suo ritmo, si fanno mondo. Si sostengono, si intrecciano, si spingono e si sfiorano, si avvicinano e si allontanano, si guardano e si annusano, sono tanti ma si muovono come un unico corpo.

Sarebbe interessante far sperimentare anche ai bambini alcuni degli esercizi proposti nel docufilm a partire da un racconto o da un oggetto. Si parte da un gesto per raccontare la gioia o la libertà, oppure si gioca a mettersi in relazione corporea ed emotiva con un oggetto o con lo spazio circostante. Pina offre a tutti l’opportunità di venire in contatto con l’essenza del linguaggio della danza contemporanea e nello specifico del Teatrodanza (Giambrone, 2008) e ci dà l’opportunità, anche per chi danzatore non è, di cogliere molti spunti per provare a sperimentare quanto visto perché divertente, appassionante e giocoso.

Un altro film, sicuramente più conosciuto e che ci restituisce la danza nella sua essenza giocosa, corporea e trasformativa, è Billy Elliot (2000) di Stephen Daldry. Billy, un bambino che vive nella periferia grigia e operaia dell’Inghilterra del 1984, ha una passione e una predisposizione innata per la danza. Per Billy è faticoso ballare perché il mondo della danza mette a dura prova, richiede allenamento e disciplina ma anche perché le convenzioni sociali di quegli anni, e in particolare il papà di Billy, vietano di dedicarsi a una attività non prevista per un ragazzo. Grazie alla sua determinazione e alla caparbietà della sua insegnante, guida fondamentale nel processo di individuazione del ragazzo, Billy riuscirà a trasformare la sua vita, il suo futuro e le prospettive dello sguardo della sua famiglia e di un’intera comunità.

Il mondo della danza può catturare e trasformare chi lo attraversa. Le immagini cinematografiche ci mostrano la fatica del corpo che lavora, la trasformazione che l’allenamento provoca nel corpo dando vita a nuove forme di espressione e libertà nel padroneggiare via via la tecnica del movimento (Morselli, 2007). Billy sembra immerso nel flow, in uno stato o esperienza ottimale e gratificante (Csíkszentmihályi, 1990), che prevede un alto livello di coinvolgimento psicofisico che la danza, come altre attività della vita, permettono di sperimentare. Billy non può fare a meno di danzare, anche quando cammina per le strade della sua cittadina, mentre balla sta bene, non pensa ad altro, non si preoccupa delle conseguenze, si scopre come persona. La danza muove, colora, crea comunità e stravolge credenze e confini e Billy Elliot, attraverso la danza, diventa protagonista del proprio cambiamento.

La terza proposta che restituisce il potenziale della danza come elemento trasformativo è il film Dancing with Maria (2014) con la regia di Ivan Gergolet.

Il film documentario non si propone di raccontare la biografia della coreografa e danzaterapista argentina Maria Fux, presenta piuttosto la danza come esperienza a cui tutti possono accedere, a ogni età della vita, indipendentemente dalle loro condizioni sociali, culturali, fisiche. Un’esperienza, che come afferma Fux, ha sempre posseduto un originario valore curativo attraverso il suo valore estetico che riporta a quella bellezza unica e misteriosa che ogni soggetto custodisce dentro sé, trasformando i limiti in risorse.

La danza è terapeutica, nel senso che è una pratica artistica ludica, creativa e trasformativa che sostiene la persona a riorganizzare la sua esperienza e conoscenza personale in termini cognitivi, simbolici ed emotivi. La danza facilita l’apertura e l’ascolto interiore e, in questa prospettiva, diventa una forma di terapia per l’anima, di educazione delle passioni, di rielaborazione di sensi e significati. Il movimento è il linguaggio poetico, riporta la corporeità al centro della vita dell’uomo, è liberazione di energie, esecuzione che calma la mente e l’anima, movimento che amplia lo sguardo e la percezione di sé, dello spazio e degli altri.

La danza è gioco. “Il rapporto tra la danza e il gioco non è quello di un partecipare a, ma di un far parte di, è il rapporto di un’essenziale identità dunque. La danza è una forma speciale e perfetta del giocare stesso come tale” (Huizinga, 2002, p. 194). È un giocare che crea uno spazio e un tempo protetto per sperimentare e sperimentarsi, per “trasformare il reale, come libertà di giocare in modo alternativo le relazioni e i legami” (Antonacci, 2012, p. 51), per sospendere il tempo ordinario.

La danza è arte. E forse, più delle altre forme artistiche, è generatrice di cambiamento e trasformazione, conduce chi si lascia trasportare nel suo cerchio magico, nel suo turbinio di emozioni, desideri e sensazioni verso ulteriori e nuove possibilità, verso una nuova identità come nel caso di Billy.

La danza di Maria Fux, di Pina Bausch e Billy Elliot ci invitano a ritrovare il corpo, ad accoglierlo nei suoi gesti e movimenti, nelle sue teorie e pratiche, a educarci e educare all’ascolto del corpo e del suo movimento.

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