In-comprensioni

Propone brevi approfondimenti tematici dedicati esplicitamente alle famiglie, da offrire come riflessioni o, ancor meglio, da utilizzare per aprire occasioni di confronto

di Daniela Mainetti, Elisabetta Marazzi e Alessia Todeschini

 

Che coraggio!

“Certo che ha fatto una faccia quando gliel’ho detto! Sembrava quasi non sapesse più cosa dire… forse ho sbagliato, chissà che cosa starà pensando adesso di me, di come in casa cresciamo la bambina e probabilmente penserà che le stiamo creando una serie di problemi!”. È con questi pensieri che Marisa esce dal nido e fa ritorno al lavoro dopo il colloquio con Anna, una delle educatrici di Lucia, la sua bambina.

Anna, dopo aver salutato Marisa e averla ringraziata per tutto quello che hanno condiviso rispetto alla piccola Lucia, e dopo averla vista uscire dal nido, torna velocemente in sezione dicendo alla collega Roberta: “Non hai idea di quello che mi ha appena raccontato Marisa… Credo davvero tu non ti possa immaginare come gestiscono Lucia a casa per il momento del pranzo”.

Lucia ha 3 anni e frequenta il nido da un anno e mezzo nella sezione di Anna e Roberta. Nel corso di questo tempo ha creato con loro un bel rapporto di fiducia, la mattina arriva al nido ed è sempre molto solare e contenta di incontrarsi con le educatrici e con gli altri compagni/e. Le sue giornate trascorrono serenamente abitando il nido e attraversando i vari momenti della giornata e le differenti esperienze con naturalezza. Quando la mamma la viene a prendere chiede sempre com’è andata la giornata e domanda se ha pranzato. Questa domanda ha talvolta incuriosito le educatrici perché Lucia non ha mai mostrato difficoltà o fatiche durante il momento del pranzo.

Adesso, dopo il colloquio, quella domanda, posta in maniera quasi casuale durante i ricongiungimenti, sembra trovare un senso. Anna racconta a Roberta quanto emerso e le riporta che, dopo un primissimo momento in cui Anna parla dei grandi cambiamenti di Lucia e di quanto sarebbe stata pronta ad affrontare l’ingresso alla scuola dell’infanzia l’anno successivo, Marisa riporta la sua storia rivelando quello che per lei rappresenta un segreto forse inenarrabile: “Sai Anna, voi mi avete sempre detto che Lucia qui è serena, che ha delle buone relazioni con i suoi amici, che è una bambina estremamente luminosa, capace di cercare consolazione quando sembra essere un po’ triste e soprattutto non avete mai nascosto che il pranzo per lei è sempre stato vissuto piacevolmente… ecco Anna, la Lucia che mi raccontate non è esattamente la stessa che io vivo nel fine settimana o negli altri periodi in cui è a casa… Per convincerla a mangiare prendiamo l’ascensore e andiamo su e giù per gli otto piani del condominio fino a che lei non finisce il suo pranzo… Ormai nel condominio ci conoscono tutti, qualcuno ha fatto anche la battuta che ci conoscono talmente bene che forse potrebbero candidarmi a consigliera condominiale visto che in un modo o nell’altro riesco a intercettare tutti”. Anna racconta tutto questo a Roberta strabuzzando gli occhi e condividendo con lei che questa narrazione le sembra surreale. Sentir parlare di Lucia in questo modo è qualcosa che a nessuna delle due educatrici torna, non è la stessa bambina che conoscono loro, e poi come è possibile che la mamma e il papà di Lucia accettino questo compromesso? Come può essere che vadano così tanto incontro alla bambina acconsentendo a una situazione che sembra essere assolutamente intollerabile? Evidentemente non sono proprio capaci di dire “no” a Lucia, si fanno gestire dalle scelte di una bambina di 3 anni, due adulti in completa balia di una piccola che, proprio perché sta crescendo, avrebbe bisogno di avere accanto qualcuno capace di sostenerla, guidarla, contenerla e non un adulto che faccia o dica sì a qualunque richiesta, soprattutto a richieste di questo genere! Aggiunge poi che con Marisa ha faticato a non rendere evidenti il suo stupore e il suo sbigottimento dopo aver ascoltato questa narrazione e ha anche riportato a Roberta che l’unica cosa che è stata in grado di dirle è che si rendeva conto della fatica che facevano ma che forse avrebbe avuto senso trovare un’altra soluzione. In quella situazione non era riuscita ad aggiungere altro, non sapeva cosa dire, sentiva che in quel momento, al di là di quello che le stava dicendo, il suo sguardo tradiva un giudizio negativo. Si erano salutate così, a quel punto Marisa aveva solo detto che ringraziava per il colloquio ma che doveva tornare al lavoro e aveva anche aggiunto che quel pomeriggio non sarebbe tornata lei a prendere la bambina ma i nonni. Roberta, a seguito della narrazione della collega, sembra perplessa quanto lei. Entrambe si sentono rasserenate dal fatto che quel pomeriggio non rivedranno Marisa perché sanno che la guarderebbero in modo strano. Le prime riflessioni tra loro erano state del genere: “Ma questa è una follia! Ma questi hanno bisogno d’aiuto!”… tra mezzi ironici sorrisi.

Marisa, nel frattempo, si era allontanata a passo rapido dal nido ed era tornata al lavoro continuando a ripensare alle cose che aveva raccontato ad Anna domandandosi se avesse fatto la cosa giusta. “Forse avrei fatto meglio a tacere! Chissà che cosa penserà di me e di noi… chissà cosa penseranno, perché poi lo racconterà anche a Roberta e chissà domani mattina come ci guarderanno quando arriveremo… Eh sì, ho proprio sbagliato! In fin dei conti per loro va tutto bene e quindi avrei anche potuto evitare di condividere questo mio problema”. Uno dei pochi pensieri che le dava consolazione era di non dover rivedere i visi di Anna e Roberta a distanza di poche ore e di avere quindi un tempo per ragionare su come riprendere la cosa e ridimensionarla il mattino seguente.

Nel corso del resto della giornata Anna e Roberta trascorrono il tempo con i bambini e le bambine accompagnandoli al ricongiungimento con le differenti figure familiari senza più fare riferimento a quanto raccontato da Marisa e arrivando in questo modo alla chiusura del nido. Mentre si stanno salutando per andare a casa, Roberta guarda Anna e le dice: “Certo che Marisa è stata molto coraggiosa: ha condiviso con noi una parte della sua vita che io non so se sarei stata capace di raccontare. Mettersi così a nudo, svelare una situazione che sembra quasi rasentare la follia… Io forse me la sarei tenuta per me e non l’avrei riferita alle educatrici o alle insegnanti di mio figlio. Più ci ripenso e più credo che abbia condiviso con noi due pezzi importanti e che abbia valorizzato profondamente la nostra professionalità: ci ha raccontato di avere in noi una grande fiducia, ha capito che noi non siamo qua per giudicarla, condannarla o per dirle esattamente quello che deve fare, ha riconosciuto in noi delle figure professionali a cui potersi rivolgere, con cui poter condividere le sue fatiche genitoriali… e le sue sono sicuramente delle belle fatiche! E poi probabilmente è un modo anche per chiederci aiuto, per arrivare a raccontare tutto questo e perché ci sta lanciando una domanda, ci sta dicendo che è consapevole che questa modalità non fa bene a nessuno, ci sta dicendo che forse se noi riusciamo a far mangiare la sua bambina qua al nido possiamo sostenerla nel trovare un modo diverso anche a casa…”. Anna dopo aver ascoltato con attenzione la collega si riallaccia a quanto appena sentito aggiungendo che anche lei ha colto la richiesta d’aiuto ma non aveva letto anche quell’aspetto di fiducia e di riconoscimento di professionalità a cui l’aveva rimandata Roberta, convenendo con la collega che, effettivamente, le cose potevano stare proprio come diceva lei e che, proprio alla luce di queste considerazioni, ripensava agli occhi di Marisa mentre raccontava dei suoi viaggi in ascensore, ripensava a quel tono di voce che sembrava essere da un lato forte e quasi arrogante, e dall’altro timoroso, forse nel tentativo di mostrare una sicurezza che non aveva. Nel pensare a tutto questo Anna si chiede con Roberta come possa stare Marisa a casa dopo aver narrato di quei pranzi difficili e di come potrebbe sentirsi l’indomani nell’incontrarle…  Ecco adesso la questione importante è proprio l’indomani mattina… “Sai cosa c’è Roby? Quando arriverà, accogliamola con un sorriso un po’ più dolce del solito e ringraziamola per l’importante momento che ci ha permesso di vivere oggi, magari esplicitando che se avesse voglia, quando potrà, potremmo bere un caffè al nido per condividere con lei come effettivamente non sia sempre così facile affrontare l’importante momento del pranzo dei propri bambini…  Facciamole sentire che la nostra stima nei suoi confronti non si è modificata e che, anzi, sentiamo di avere con lei una relazione professionale ancora più importante di prima. Hai ragione Roby, se lo merita proprio, è stata tanto coraggiosa e glielo dobbiamo dire, perché probabilmente questo lei non lo sa”.

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