Diritti di bambine e bambini

a cura di Elisabetta Biffi e Chiara Carla Montà

 

Le future

di  Chiara Carla Montà

La Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, nel suo sesto articolo, stabilisce quanto sia importante garantire il diritto al futuro a tutte le bambine e i bambini del mondo. “Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita” (comma 1), e ne “assicurano, nella misura del possibile, la sopravvivenza e lo sviluppo” (comma 2).

All’apparenza, parlare di diritto al futuro può sembrare scontato ma è tutt’altro che banale. E non serve spingersi lontano pensando alle bambine1 dei Paesi più in difficoltà. Infatti, in seguito alle recenti crisi globali, l’ONU ha calendarizzato un nuovo appuntamento cruciale: il Summit del Futuro, previsto per il 22 e 23 settembre 2024. Durante il vertice, i leader mondiali dovranno negoziare e approvare il “Patto per il Futuro”, che mira a definire azioni concrete per attuare l’Agenda 2030. A metà strada nel percorso verso gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, solo il 12% dei target è in via di realizzazione, come afferma il rapporto del Segretario Generale dell’ONU del 2023. E quindi, quali opportunità e libertà (libertà di e da) ci sono per le bambine affinché possano sviluppare appieno il loro potenziale umano? Quali condizioni di partenza stiamo lasciando alle giovani generazioni?

In altre parole, che cosa significa promuovere il diritto al futuro? In primis, come testimoniato da diverse policy e rapporti (OECD, 2018; UN, 2023; UNESCO, 2021), l’educazione di qualità – dove è necessario interrogarsi costantemente su che cosa sia l’educazione, sui suoi contenuti e scopi (Biesta 2023a), e su cosa si intenda per qualità (Biesta, 2023b) – viene posta a fondamento del futuro. A tal proposito, Umberto Margiotta (2015) sosteneva che, quando si parla e si scrive del futuro, da una prospettiva pedagogica è necessario utilizzare verbi che si riferiscono ad azioni come: immaginare, progettare, pianificare, esemplificare, prevedere, anticipare, desiderare. Tuttavia, sosteneva anche che questo non è sufficiente. Per costruire il futuro, abbiamo bisogno di qualcosa di più complesso e articolato: la partecipazione. Il futuro va progettato e realizzato in maniera più sostenibile e giusta di come appare. E questo significa fare una scelta: affidare il futuro anche a coloro che ne sono le protagoniste, le bambine. Le future.

La sfida pedagogica è quella di accompagnare e orientare le bambine di oggi nella costruzione di un progetto di vita per sé e per le comunità di appartenenza, sostenendole nel coltivare i propri desideri e capacità prefigurative, per poter immaginare sé stesse e il mondo in una forma diversa dal tempo attuale. Bisogna supportarle nel comprendere che il futuro non è univoco, unilaterale e unidirezionale: serve lavorare su alterative possibili. Persone diverse e gruppi sociali diversi hanno visioni e aspettative completamente differenti. “Per esplorare l’ambito dei futuri è necessario distinguere tra futuri probabili, possibili e preferibili: cosa può o potrebbe essere, cosa pensiamo dovrebbe essere, cosa è auspicabile (Cavinato et al., 2022, p. 24). Si tratta, per l’educazione, di svolgere la sua funzione formativa ed emancipatoria, sostenendo le generazioni più giovani e più anziane ad aspirare a percorsi esistenziali ed educativi di promozione sociale, permettendo a tutte di partecipare alle opportunità offerte dalle rispettive società di appartenenza. Potremmo dire che un obiettivo è promuovere una solidarietà intergenerazionale: le generazioni del presente curando la qualità della loro vita possono instaurare rapporti di cura, solidarietà, collaborazione con i successori. A tal proposito, secondo Hannah Arendt “gli educatori rappresentano di fronte al giovane un mondo del quale devono dichiararsi responsabili anche se non l’hanno fatto loro e anche se lo desiderano diverso. […] L’insegnante si qualifica per conoscere il mondo e per essere in grado di istruire gli altri in proposito, mentre è autorevole in quanto di quel mondo si assume la responsabilità” (Arendt, 1970, p. 202). Le istituzioni educative hanno quindi il compito di aiutare a pensare in modo critico e creativo il futuro, di far comprendere le relazioni temporali tra passato, presente e futuro, così come le interrelazioni tra i piani locali, nazionali e globali. Si tratta, quindi, di supportare le bambine a imparare a orientarsi nei processi di costruzione del sapere alla base dei meccanismi decisionali. Significa creare opportunità, fin dalla primissima infanzia, affinché possano apprendere a interrogare i propri contesti di vita e le proprie prospettive, mettendosi in dialogo con gli Altri e il mondo (Biesta, 2006/2023). In altre parole, si tratta di mettersi in ricerca con loro (Appadurai, 2006).

In quest’ottica, in conclusione, diviene ancora più significativo l’appello del Comitato per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’ONU a coinvolgere bambine e bambini nella costruzione del “Patto per il Futuro”, un’opportunità inter-generazionale e generativa unica.

1 Per rimarcare l’importanza di un’attenzione alla dimensione di genere anche nell’utilizzo dei termini che veicolano concetti quali quello di diritti, nel presente testo scelgo di utilizzare il termine bambine per indicare ogni soggetto al di sotto dei 18 anni di età.



  

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